Chi credeva di avere ormai visto tutto nella vicenda della Finmeccanica, ieri sera si è dovuto ricredere. Il modo in cui il governo, azionista di controllo del gruppo industriale, ha congedato il presidente indagato Pier Francesco Guarguaglini si può ben definire surreale. Come dimostra il comunicato di commiato al presidente uscente emesso al termine del consiglio d’amministrazione. Val la pena di leggerlo integralmente:
“I più sentiti ringraziamenti per l’altissima professionalità e il proficuo impegno che hanno consentito la crescita e l’affermazione del gruppo nei mercati mondiali”.
Il
governo, per le recenti vicende Finmeccanica, avrebbe potuto cacciarlo senza dargli una lira invocando la
giusta causa, ma Monti ha scelto la linea sobria. Ha trattato, facendo
scendere le pretese dell’esperto manager dai 12-15 milioni di partenza a
più modesti 5,5 milioni lordi. Per la precisione 4 milioni sono
l’indennità compensativa per la risoluzione anticipata del rapporto, e
1,5 per un patto di non concorrenza della validità di un anno.
Tecnicamente Guarguaglini non si è dimesso, ma ha aperto una trattativa
del tipo “quanto mi date se mi dimetto?”.
Uno spettacolo edificante per i 74 mila dipendenti del gruppo che adesso
temono per il proprio posto di lavoro. Monti ha scelto di dare per ora
piena fiducia all’amministratore delegato Giuseppe Orsi,
che Guarguaglini voleva fortissimamente trascinare con sé nella
disgrazia. Ma Orsi da oggi è anche presidente e ha i pieni poteri.
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